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L’ingresso nella scuola e il processo di formazione nel gruppo

Foto Rosaria CampisiHo avuto la fortuna di scoprire il modello sistemico relazionale in occasione dell’esame di Stato. Ne rimasi subito entusiasta e pensai che nel momento in cui avessi deciso di iscrivermi ad una scuola di specializzazione, avrei scelto quel modello.

Pensai che un pensiero sistemico ispirato alla complessità si sposava perfettamente con il mio modo di essere e con la mia visione delle cose. Ma oggi posso aggiungere, che probabilmente c’era anche la voglia di capire il funzionamento della mia famiglia.

E fu così che nel dicembre 2006 mi recai in Via Reno per sostenere il colloquio di selezione. Incontrai la Dott.ssa Raschellà che con il suo modo accogliente mi fece subito sentire a mio agio. La Dott.ssa mi fece capire tra le righe che il colloquio era andato bene, ma c’era un problema: nella sede di Roma non c’erano più posti, per cui le alternative sarebbero state attendere per l’iscrizione l’anno successivo o optare per la sede di Napoli.

Infatti a distanza di una settimana ricevetti la comunicazione ufficiale: il colloquio di selezione era stato superato e la sede era proprio Napoli!

Il destino continuava a portarmi in quella città … già in occasione della tesi di laurea avevo dovuto fare la pendolare da Roma a Napoli per poter effettuare delle interviste …

A quel punto decisi di prendermi un po’ di giorni per pensare, anche se in realtà la decisione dentro di me l’avevo già presa. Non intendevo perdere un altro anno della mia vita, per cui non mi restava che iniziare ad abituarmi ai tanti sacrifici che avrei dovuto fare!

Ricordo perfettamente il primo giorno di training come se fosse passato qualche mese. Ogni momento è rimasto impresso nella mia mente: ero carica di aspettative, felice di iniziare un nuovo percorso che mi avrebbe formato professionalmente, ma allo stesso tempo poco consapevole di come quel percorso sarebbe stato strutturato e soprattutto che mi avrebbe portato a mettermi in discussione!

Se dovessi definire oggi lo stato d’animo che avevo a fine giornata, potrei dire “scombussolata”. In effetti oltre ad aver incontrato undici futuri colleghi e la docente che quel primo giorno era la Dott.ssa Centrella, c’è stata la possibilità di assistere alla terapia di una famiglia. Ricordo le parole della Dott.ssa Centrella: <<questo è un gruppo fortunato perché inizia dalla fine …>>. Più che fortuna a me sembrava una tragedia! Non riuscivo a cogliere il senso delle metafore, le tecniche utilizzate, mi sembrava tutto molto strano …

Tornai a casa demoralizzata chiedendomi: avrò fatto la scelta giusta? Tornerò? Però è un bel gruppo … Decisi di fidarmi di ciò che avevo sentito incontrando quelle persone, come solitamente faccio. Da quel gruppo di persone mi ero sentita accolta, pertanto decisi di tentare una seconda volta, ignara che mi stavo auto-catapultando in modo assolutamente incosciente in un’esperienza emozionale molto intensa …

In effetti il gruppo in questi anni è stato un contesto di forte coinvolgimento e sostegno emotivo, che mi ha dato quell’energia necessaria per continuare quando nei momenti di crisi ho pensato di mollare. Ricordo i primi due anni molto duri emotivamente parlando, perché se da un lato le nozioni teoriche della terapia familiare mi consentivano di vedere da una prospettiva più ampia (alla quale ero poco abituata), dall’altro contribuivano a smantellare schemi mentali e tante certezze … che mi ero costruita nel corso degli anni.

Il nostro è sempre stato un gruppo molto fusionale, ci sono sempre stati unione, sostegno, accoglienza, empatia, solidarietà che ci siamo manifestati con modalità diverse durante tutto questo percorso insieme, in alcuni momenti però, avvertivo forte la mancanza di libertà di pensiero e di azione. Un momento  vissuto da me con particolare tensione è stato quando si doveva scegliere il nome del nostro gruppo. L’idea di un “Noi” e di un pensiero di gruppo mi faceva paura e mi faceva sentire invasa. Naturalmente questo mio vissuto era strettamente connesso alla mia esperienza interna di famiglia, dove unione ha significato mancanza di confini, intrusione dell’altro e annullamento della propria persona, per cui spesso al <<Noi>> ho contrapposto <<Io>>.

La mia funzione nel gruppo di training è stata la medesima di quella svolta nella mia famiglia di origine: ossia quella di contenitore delle emozioni che circolano, e talvolta me ne sono “riempita” al punto da fargli prendere forma all’interno del gruppo stesso.

Lo stare in un gruppo di training, se da un lato mi ha messo di fronte tante difficoltà, dall’altro mi ha permesso di superarle, compiendo così un processo di crescita personale. Ho potuto sperimentare un vissuto di appartenenza al gruppo, la condivisione di gioie e situazioni problematiche, il sentirmi accettata e accettare gli altri, intrattenere relazioni di affetto e relazioni amicali più intime con alcuni membri del gruppo. L’appartenenza al gruppo mi ha permesso inoltre di sentirmi protetta e di liberarmi da alcune ansie da “prestazione”. L’identificazione e le risonanze con i membri del gruppo mi hanno permesso di conoscere meglio me stessa. Attraverso la partecipazione alla vita di gruppo, ho acquisito una maggiore consapevolezza rispetto alle mie dinamiche nelle relazioni interpersonali. Anche lo stesso apprendimento in una situazione gruppale mi è servito da feedback continuo, in quanto il paragone con gli altri, è stato un ottimo strumento per conoscere continuamente il mio livello raggiunto.

E in ultimo, ma non ultima per importanza, il gruppo ha avuto la funzione di favorire il processo di differenziazione dalla mia famiglia di origine!

In questo mio processo di crescita hanno avuto una grande   importanza i docenti. Ognuno di loro con il suo stile mi ha trasmesso delle cose sia ai fini della formazione professionale che a livello umano. Da ognuno di loro prenderò un piccolo pezzetto per creare il mio stile personale, quello che mi rappresenta. Pertanto per ognuno di loro mi sento di dire nell’assoluta semplicità come li ho visti e sentiti …

Inizierei con i docenti con cui ho trascorso l’intero quadriennio, che probabilmente avrò conosciuto anche meglio … forse.

Cosa dire della Dott.ssa De Feudis? Beh, innanzitutto l’ho sempre sentita vicina, sempre in contatto con il mio stato d’animo e talvolta concretamente mi ha dimostrato la sua sensibilità e la sua umanità. Anche se in alcuni momenti ho cercato di nascondermi … bastava uno sguardo per farmi capire che lei c’era. Come professionista ricorderò la sua precisione, la professionalità, la scrupolosità, il prendersi carico delle famiglie con grande responsabilità e rispetto. E naturalmente a lei devo lo studio di Boszormenyi-Nagy, ma che fatica ho dovuto fare per leggere “Lealtà invisibili”!

Con la Dott.ssa Centrella è stato un crescendo … il primo anno mi inibiva un po’, infatti gliel’ho anche detto. Da lei mi sono sentita vista … qualche volta ha utilizzato la provocazione, ed è stato un bene! Avevo bisogno che qualcuno mi esortasse ad uscire dal guscio, e probabilmente che mi sentissi dire le cose con il suo stile: diretto e accogliente allo stesso tempo, pertanto decisi di presentare il genogramma con lei. Pian piano sono anche riuscita a farle una serie di richieste … cosa per me difficilissima, ed è diventata un punto di riferimento. Di lei ricorderò la sua ironia, il linguaggio simbolico e la provocazione naturalmente!

Alla Dott.ssa Centrella devo fare un ringraziamento particolare per l’aiuto, il sostegno morale, e soprattutto per tutto ciò che mi sta insegnando nella clinica, attraverso la supervisione della terapia con la famiglia Berillo che sto tutt’ora seguendo.

Il Professore Saccu l’ho conosciuto un po’ meno, ma quanto basta per apprezzare la sua grande cultura. Se dovessi coniare un motto che lo rappresenti direi: complessità e genialità insieme. In terapia sembra abbia qualcosa di magico … fa un’azione e gli equilibri cambiano! Con la sua creatività raggiunge molteplici livelli insieme. Di lui ricorderò sicuramente il gioco, i miti, le metafore, le storie … ma lo ricorderò anche per averlo sentito paterno e protettivo.

Ed infine la Dott.ssa Raschellà, avuta per i primi due anni. La ricordo accogliente, molto contenitiva e materna. Con me in particolare si è mostrata vicina in alcuni momenti di difficoltà familiare. Soprattutto a lei devo lo studio della terapia familiare dei primi due anni, con particolare riferimento alla teoria Minuchiana, ma la ricordo anche per le sculture.

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