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Famiglie psicotiche e risorse identitarie del terapeuta come esperienze di vita del terapeuta, possono essere tramutate in strumenti di lavoro con le famiglie a transazione psicotica attraverso il modello della Scuola Romana

20250328 113327‘Na tarantu’ e ricÔrdi/‘ntorcinìja la memÔria/cumu ‘nu pàppic’./Pur’ a víta a vòte/e’ ‘nu muro chjín’e règlie./‘Na rascunáta /ne dícia ca simu vivi./‘Un avìmu de cuntáre l’anni/ma’e singhe:/nun c’è  allu mannu rosa senza spinâru /o ventu ch’un addura a tìe. (Daniel Cundari – da “Nell’incendio e oltre”- Luigi Pellegrini Editore)

Traduzione:

“Una tarantola di ricordi

incatena la memoria

come una ragnatela.

Anche la vita spesso

e’ un muro fatto di schegge.

un graffio

ci sussurra che sopravviviamo.

non dobbiamo contare gli anni

ma le cicatrici:

non esiste al mondo una rosa senza roveto

ne’ vento che non sappia di te.” (Daniel Cundari – da “Nell’incendio e oltre”- Luigi Pellegrini Editore) 

 

Introduzione

 Il lavoro presentato in questo articolo, una terapia familiare in co-conduzione, vuole porre l’attenzione sull’ identità del terapeuta, sulle risorse emotive dello stesso e sui rischi nel lavoro con le famiglie psicotiche e/o con i pazienti psicotici. La rigidità degli schemi e dei modelli presenti in questa tipologia di famiglie, può essere un elemento di "collusione" per il Sé del terapeuta che rimane “rigidamente” ancorato agli aspetti teorici, rischiando così di perdere la sua efficacia di "agente di cambiamento".

Nella relazione verrà descritto, come l’applicazione del modello della Scuola Romana, diventa uno strumento creativo, concreto ed efficacie di intervento sul processo di individuazione e separazione del paziente psicotico all' interno della propria famiglia di origine. Il paziente designato sarà in grado di sviluppare la capacità di ridefinire ruoli e funzioni e di evolversi nel tempo e nello spazio attraverso il Sé del terapeuta.

Il caso clinico

Il caso clinico di cui parleremo, ha come 'attori' una coppia di avvocati in separazione conflittuale con un figlio, unico della coppia. Il figlio, che chiameremo (F1), di anni 21, al momento della presa in carico, presenta ritiro sociale e scolastico avvenuto dall' età di 18 anni e in coincidenza con un crollo "psicotico" tipico di un breakdown adolescenziale. F1 infatti, aveva tentato una prima uscita dal contesto familiare attraverso delle amicizie molto rischiose riguardanti un giro di droga e furti. Il paziente mancava di capacità decisionale, non riuscendo ad individuare, se non attraverso l’uso di sostanza, le aree di piacere; si era notevolmente spaventato del sentirsi senza confini interni. Il tentativo svincolo, era coinciso, come avvenimento temporale, con la morte improvvisa di uno zio materno, avvenuta per tragica fatalità, e da un episodio “psicotico” della madre caratterizzato da perdita temporanea di senso di Sé e allucinazioni uditive.

 

 

 

La coppia genitoriale.

 F1 nasce da una coppia in cui il padre, prende in seconde nozze la madre, avendo lo stesso alle spalle, un precedente matrimonio e tre figlie femmine. Matrimonio dal quale il padre non si è mai svincolato. Il patto 'matrimoniale' della nuova coppia, è basato su un aspetto “salvifico” che ciascuno dei due nuovi coniugi, ha affidato all' altro e riguardante le aree di dipendenza e riparative delle “ferite interne” generate dalle rispettive famiglie di origine in “caduta” trigenerazionale. “Accordo”, che è venuto meno nelle aspettative, dopo la nascita del figlio, e che ha generato esplosioni di rabbia e allontanamento all' interno della coppia.  La stessa, non ha mai proceduto alla separazione formale, rimanendo formalmente unita e sostanzialmente separata in un vincolo di risarcimento economico rimandante al risarcimento emotivo “tradito”.  

Si riscontra la presenza del legame tra madre e figlio a connotazione fusionale/simbiotica, e una sostituzione nella funzione dello stesso alla figura paterna all’interno della casa abitata dalla madre e dalla nonna materna, generando un ulteriore triangolo disfunzionale (mamma, nonna, figlio), protettivo del dolore del lutto per la perdita del fratello- figlio. Il linguaggio adoperato da parte di entrambi i genitori verso il paziente designato è ambivalente rispetto al tema dell’autonomia e della crescita, ed è caratterizzato dal doppio legame.

Il lavoro dei terapeuti e la riflessione sulla formazione e sul lavoro nella clinica

 Il nostro lavoro come terapeuti si è basato su una visione empatica legata al processo di individuazione e svincolo di ciascun elemento del sistema (compreso quello delle terapeute) andando ad empatizzare soprattutto con le aree legate ai “lutti” (metaforici e reali) presenti nella storia. Durante i due anni di presa in carico della famiglia, le terapeute sono state attraversate da eventi personali riguardanti un lutto (terapeuta) e una malattia (co-terapeuta), che hanno permesso di entrare maggiormente in empatia con il sistema in terapia e sono stati funzionali al raggiungimento degli obiettivi poiché vissuti in maniera “diversa” dal sistema “destrutturato” e “rigido” nei ruoli e nelle funzioni dei pazienti. La “crisi” delle terapeute, legata agli avvenimenti, ha portato a calibrare la vicinanza emotiva che ha funzionato per il lavoro sull’ identità dei pazienti. Ognuno di loro ha potuto accedere alle aree di rielaborazione del lutto e della “ricostruzione” della propria identità, anche attraverso il Sé del terapeuta che a sua volta, si è trovato a lavorare, nella propria vita privata, con questi aspetti. 

Durante il processo terapeutico, la famiglia ha potuto sperimentare un alternarsi delle terapeute nel setting (assenza di una delle due terapeute) nei momenti di maggiore difficoltà personali, dove l’assenza è stata spiegata in maniera congrua. Cosi, la difficoltà delle terapeute, è stata vissuta come sperimentazione e modello del “limite” ma anche come possibilità di “rientro” terapeutico e di

“continuità” di vita diversa.  I vissuti di perdita, separazione, angoscia di morte e senso del limite, sono stati in primo luogo processati dalle terapeute che ne sono venute direttamente a contatto.  Il lavoro personale delle terapeute è stato portato all’interno del setting come processo di individuazione- separazione e quindi crescita di ciascun elemento del sistema – paziente (seconda cibernetica). Riassumendo, avvenimenti di vita complessi quali malattia e morte, riguardanti il processo di maturazione del Se’ del terapeuta, sono state utilizzati come risorse emotive per lo svincolo dei pazienti. A conclusione, possiamo affermare che, quanto più i sistemi rimangono rigidi su posizioni e funzioni, meno lasciano lo spazio al riconoscimento del nuovo e sono destinati pertanto a morire. Il processo di generatività (vista come susseguirsi degli eventi legati al processo di crescita e raggiungimento delle tappe del ciclo evolutivo della famiglia), implica un passaggio emotivo all' auto riconoscimento e all’auto risarcimento del debito familiare.

Tutto questo processo non può essere solo “pensato teoricamente”, ma implica un lavoro costante su di Sè. Un immenso grazie al Professore Carmine Saccu, che in questi anni, ci ha aiutato a tradurre le difficoltà in risorse attraverso una creatività che ha generato vita! Un grazie a Valeria che si spende perché questo blog possa avere struttura! E un grazie al Poeta Daniel Cundari che ci ha dato la possibilità di utilizzare una sua poesia che tanto rappresenta, in creatività, il contenuto emotivo complesso di questo articolo.

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