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Sulle ali della libertà

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Per me l’esperienza alla Scuola Romana di Psicoterapia Familiare è stata una dimensione di arricchimento unico, in cui ho appreso tantissimo. Un luogo del cuore, non solo fisico, che mi ha aperto lo sguardo a 360°. Ho riso, pianto, scoperto nuove parti di me, e avuto il dono di conoscere persone straordinarie e professionisti appassionati e preparati. Nel corso dei training ho visto e com-preso che non esiste una sola porta di ingresso al proprio mondo interiore e a quello dell’altro, non esiste una sola chiave “giusta”, non c’è un modo e un momento giusto per cominciare o terminare, per stare, uscire, ri-entrare, una formula magica da dire, ma esiste quel momento presente, nel quale il terapeuta in formazione ha la preziosa opportunità di stare con se stesso, e nello stesso istante con gli altri (docente supervisore), le famiglie e i colleghi, in stanza di terapia e dietro lo specchio, e utilizzare ciò che c’è e che viene portato in seduta e che risuona emotivamente dentro sè, rendendo con varie modalità l’implicito esplicito attraverso la relazione.

Sono sempre più cosciente che nella magia dell’incontro attraverso la relazione, nell’incontrare l’altro incontro me stessa; ed è proprio ciò che è avvenuto attraverso l’esperienza di incontro col mio gruppo di training, con i docenti e con le famiglie nella clinica.

Le famiglie incontrate in questi quattro anni di formazione, mi hanno permesso di soffermarmi su alcuni temi emotivi per me pregnanti e incandescenti, aiutandomi ad elaborare tutta una serie di aspetti emotivi-affettivi connessi al lutto, alla perdita, alla separazione, al soccorso, al rapporto con l’impotenza, col tempo, l’accettazione del limite e l’importanza del saper rallentare e a volte fermarsi per “stare”, capire, conoscere, scoprire, senza dover sempre correre ed essere veloce per trovare risposte e/o soluzioni, o cercare e creare per forza “movimento”… La coscienza e consapevolezza della mia storia di vita intergenerazionale, l’elaborazione di problemi o questioni aperte e irrisolte con la mia famiglia d’origine, maturata in modo particolare per me alla metà del secondo anno, attraverso lo strumento del genogramma e del cronogramma, mi ha permesso e mi sta permettendo di sviluppare una diversa capacità di auto-osservarmi, di entrare in risonanza empatica con naturalezza, distinguere i miei vissuti da quelli portati dalle famiglie in terapia, poterli usare a fini terapeutici come proposte di ipotesi e nuove narrazioni co-create con le famiglie che chiedono il nostro intervento. Ad oggi posso dire di essermi resa conto, grazie alla formazione in questa scuola e al lavoro con e attraverso il gruppo di training delle Libellule, di quanto il mio bagaglio psico-affettivo-relazionale sia presente e incandescente nell’incontro con le famiglie e possa da me essere utilizzato come il calore fa con la creta, la modella sotto varie forme e modalità.

Come direbbe il prof. Carmine Saccu, uno psicoterapeuta sistemico deve riuscire a rendere agile il suo sguardo, a fare dei collegamenti e delle ipotesi, fare più cose contemporaneamente, essere flessibile e disposto a rivederle e negoziarle, ridefinirle se necessario, accettare di essere impotente e non esperto sulla vita degli altri, in modo tale da favorire la curiosità e la comunicazione tra il suo emisfero sinistro e quello destro.

Lo psicoterapeuta è più simile a un artista abile nell’equilibrismo secondo me, a un cercatore curioso, più che a uno scienziato depositario di saperi e tecniche dogmatiche. È come mi sento quando entro nella stanza di terapia con il mio supervisore e con le famiglie, noi come psicoterapeuti insieme alle persone che vengono in terapia possiamo trasformare le cose esattamente per come essere vengono portate o hanno forma, le persone possono prendere coscienza di come esse rappresentano se stesse e l’altro, di come si muovono nello spazio, di come interagiscono con se stesse e tra loro, delle loro emozioni, aspettative, fantasie, desideri.

Nell’arte l’uomo può godere della perfezione di qualcosa che viene creato, così Io, ogni persona e ogni famiglia attraverso il processo psicoterapeutico può sviluppare il piacere di godere di sé e sviluppare le proprie potenzialità da qui in poi, senza accettare che qualcuno o qualcosa la definisca passivamente, ma ognuno può diventare l’artista del suo quadro in movimento, è la creazione, il creatore e l’osservatore, contemporaneamente.

Grazie al confronto in gruppo con le colleghe e con i docenti, ho sempre più posto l’attenzione nel corso delle sedute sull’importanza, nel lavoro terapeutico, di tener presente che le cose non sono mai le cose ma punti di vista sulle cose, e questi parlano in primis del terapeuta che li propone... Come diceva Maturana: “Ogni struttura ha ed è un modo di conoscere”. Questo ha fatto sì che la mia prospettiva si allargasse e potesse abbracciare più punti di vista. Inoltre attraverso ciò, è possibile non solo imparare, e imparare ad apprendere, ma anche l’imparare ad apprendere ad imparare (deuteroapprendimento). Pertanto non può che esserci un isomorfismo tra processo di formazione e processo terapeutico (hanno la stessa forma perché vanno nella stessa direzione).

L’incontro con le famiglie mi ha aiutata e ha favorito la fiducia in me stessa come allieva terapeuta e persona. Da questo incontro ho maturato la consapevolezza che tutto dipende da come tratto e uso quello che l’incontro con le famiglie mi attiva a livello emotivo, nella pancia, le risonanze, e darmi “il permesso” di poterci stare e utilizzarle. L’altro (la famiglia) mi ha aiutata a capire quanto, come e cosa Carlotta può fare per se stessa e se può concedersi di scoprire altri aspetti di sé e metterli in atto. Credo sia ciò che di questo modello sistemico-relazionale, simbolico-esperienziale mi rende libera, e mi permette di essere me stessa in varie forme.

Così dopo quattro anni concludo il mio percorso come allieva terapeuta con un punto qu questo importantissimo capitolo del libro della mia vita. Il punto può rappresentare qualcosa che finisce e contemporaneamente qualcosa di necessario affinché qualcos’altro possa nascere, essere pensato, descritto, raccontato e vissuto. Il punto offre e crea lo spazio affinché qualcosa possa cominciare.

Le attese, le fermate e le crisi che ho incontrato nel mio percorso esperienziale alla Scuola Romana di Psicoterapia Familiare sono state fondamentali nel mio percorso personale e di formazione professionale, sono state delle importanti opportunità per crescere, scoprire, conoscere e ri-conoscere altri aspetti di me, poterli incontrare, attraverso la relazione con sé, con l’altro e il mondo.

Questo percorso nella Scuola è finito, ma tuttavia continua e prosegue nel mio vissuto. Il processo di elaborazione psico-affettiva e di trasformazione è in costante divenire, mi permette di trovare in me un forte senso di appartenenza a questa scuola e allo stesso tempo una profonda voglia di sperimentarmi “fuori” come persona e professionista autonoma. Ora non ho più paura di appartenere a qualcosa, non lo trovo più né limitante né minaccioso alla mia indipendenza, allo stesso tempo penso e sento che la mia individuazione sia in stretta relazione e possa crescere veramente attraverso la mia libertà di appartenenza, a un modello, a un gruppo, a una scuola, a una categoria professionale, alla mia famiglia d’origine, ai gruppi informali di cui faccio parte.

Proprio come le libellule che possono volare in modo agile e flessibile, avanti, indietro, in diagonale, o fermarsi in aria, sulla terra o sull’acqua senza che questo rappresenti un effettivo blocco o una staticità nel loro volo, ho appreso che lo “stare” è una forma in cui si declina il moto di qualcosa in vita.

Un grazie di cuore ai/alle docenti di training che mi hanno accompagnata e guidata in questo cammino, grazie ai quali ho scoperto, conosciuto e sviluppato l’ampiezza del mio sguardo e del mio sentire, l’agilità e la flessibilità delle mie ali anche e soprattutto nei momenti di tempeste e crisi:

Prof. Carmine Saccu, Prof. Stefano Fantozzi, Prof.ssa Francesca Sollai, Prof.ssa Adele Meirani, Prof.ssa Emanuela Mancosu, Prof.ssa Carlotta Saracino.

Dott.ssa Carlotta Cadoni

Gruppo Libellule

 

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